
Davide Rossi
Qual è il ruolo della Cina nello sviluppo del continente africano?
Considerevoli investimenti cinesi concorrono allo sviluppo del continente africano, i contratti di cooperazione e i progetti di acquisto delle materie prime minerarie, energetiche e alimentari, tutte pagate molto di più rispetto al poco offerto per decenni dagli occidentali, garantiscono un poderoso sostegno allo sviluppo interno africano, alla generale crescita economica e alla formazione di una nuova classe media in tutte le nazioni interessate, concorrendo anche a rimediare alla disastrosa situazione ecologica lasciata dalle imprese occidentali, a cui la cooperazione sino - africana pone rimedio spesso implementando la creazione di infrastrutture eco-compatibili.
Dall'Angola al Mozambico, passando per tutta l'Africa australe, così come in Etiopia, nel Sahel, nell'Africa Centrale e Occidentale, strade e ferrovie, infrastrutture portuali e aeroportuali si moltiplicano, dispiegando non solo una moderna rete di comunicazione, ma generando svariati posti di lavoro per i giovani locali, tuttavia il governo della Repubblica Popolare di Cina ambisce anche ad associarsi a progetti di carattere spiccatamente culturale, promuovendo la riscoperta e la volorizzazione identitaria delle tradizioni e della storia africana, offrendo un contributo tanto economico quanto progettuale per la realizzazione di opere come il Museo delle Civiltà Nere di Dakar in Senegal, il Mwalimu Nyerere Memorial and Academy in Tanzania, in onore del presidente socialista Nyerere in carica dal 1964 al 1985 e amico del primo ministro cinese Zhou Enlai, uno spazio che è al contempo museale, universitario e centro di ricerca scientifica, così ancora la sede continentale dell'Unione Africana edificata nel 2012 ad Addis Abeba, quella della Cedeao/Ecowas ad Abujia in Nigeria, organismo certo ampiamente squalificatosi dopo aver espresso contrarietà alla nascita dell'Alleanza degli Stati del Sahel, formata da Niger, Burkina Faso e Mali, nazioni che collaborano strutturalmente con la Russia in molti campi a partire dalla sicurezza. La Cina ha poi contribuito ad edificare i nuovi parlamenti dello Zimbabwe, un'altra nazione del continente di orientamento socialista, così come della Repubblica del Congo e del Gabon, inoltre sono in cantiere progetti simili in altre nazioni del continente.
Lo sviluppo delle forze produttive promosso e praticato da Deng Xiaoping ha dispiegato le energie dei cinesi e oggi è un valore condiviso da larga parte delle dirigenze politiche africane, un impetuoso cambiamento che sta in molti casi trasformando talmente la quotidianità da rendere un ricordo novecentesco l'idea di un'Africa indipendente, ma povera e bisognosa perché di fatto afflitta dal neocolonialismo occidentale, certo, le diseguaglianze e i problemi anche nel tempo presente non mancano, metà degli etiopi non hanno ancora ad esempio abitazioni fornite di energia elettrica e la grande diga sul Nilo recentemente inaugurata da Addis Abeba tende esattamente a sanare questi ritardi, oltreché ad aiutare il settore agricolo.
Piuttosto appare evidente come il continente africano reputi del tutto fallimentare la proposta politica della democrazia liberal - liberista esportata dalla NATO e dalle nazioni che ne fanno parte, capace, con la depredazione delle ricchezze locali, di generare sempre e soltanto povertà ed esclusione sociale.
La Cina Popolare invece nell'ultimo decennio ha realizzato ad esempio in Africa oltre settemila chilometri di strade e ferrovie, venti porti, ottanta centrali elettriche ed idroelettriche, centinaia di reti di telecomunicazione, un numero indescrivibile di scuole e di ospedali, opere che non rappresentano una losca pervasività, come i media occidentali vorrebbero far credere, ma una concreta, ragionata, solida, durevole e rispettosa cooperazione.
Nel campo medico-sanitario spesso si parla con ragione dei medici cubani nel mondo, meno dei medici e degli infermieri cinesi in Africa, Asia e America Latina, senza contare le ingenti donazioni di strumentazioni medicali e medicinali, il personale medico inviato da Pechino in Africa negli ultimi venti anni è di oltre ventimila infermieri e dottori, per altro sono migliaia le giovani e i giovani africani che studiano nelle università cinesi e si specializzano, in particolare nel campo medico e in quelli tecnici e scientifici.
La savana, prima inariditasi, ha lasciato nel corso della seconda metà del XX secolo spazio alle sabbie del deserto, in ragione di questo nel 2007 l'Unione Africana ha lanciato l'avveniristico progetto di realizzare una Grande Muraglia Verde di oltre ottomila chilometri, capace di estendersi da Dakar fino a Gibuti.
Ad oggi solo dieci milioni dei cento milioni di ettari di cui si prevede il coinvolgimento nel progetto sono stati resi verdi, ma proprio l'aiuto cinese sta contribuendo in maniera decisiva a provare a raggiungere nel prossimo quinquennio il completamento dell'opera, con la collaborazione anche della FAO e delle Nazioni Unite, le quali si rallegrano per il poderoso sostegno economico volto a coprire una parte considerevole degli otto miliardi di dollari che necessiteranno ogni anno per il completamento dell'impresa, come stimato dalla Convenzione contro la desertificazione dell'ONU. Le piantumazioni sono volte a ripristinare le savane, a favorire la formazione di aree agro-pastorali, con un fondamentale coinvolgimento dei villaggi e delle comunità locali per la costruzione di pozzi dell'acqua, capaci di alimentare i villaggi stessi e le nuove zone verdi, così come per la realizzazione di innovativi sistemi di raccolta delle acque piovane, fondamentali in particolare nella stagione delle piogge.
Per altro francesi, statunitensi e molti altri europei a vario titolo, che per anni hanno alimentato dibattiti intorno all'argomento, si sono spesi in realtà solo con molta retorica e pochissimo impegno progettuale ed economico, a dimostrazione, ancora una volta di un atteggiamento paternalistico e neocoloniale oramai fortunatamente inaccettabile per tutte e tutti gli africani. Anche la meccanizzazione, tanto del progetto rigenerativo del verde della Grande Muraglia ecologica africana, quanto dell'implementazione dell'agricoltura vede la Cina solidamente al fianco delle popolazioni africane. Già un paio di milioni di posti di lavoro sono stati creati nel progetto stesso e nelle attività coordinate e congiunte di rilancio dell'agricoltura e della pastorizia, ma si stima che con il compimento della Grande Muraglia Verde l'incremento dell'occupazione riguarderà almeno altri dieci milioni di donne e uomini.
I cinesi portano nella collaborazione ecologica al progetto l'esperienza solidamente acquisita nel contenimento del deserto del Taklamakan nella regione dello Xinjiang, un'esperienza che ha visto non solo il conseguimento della vittoria sulla desertificazione, ma anche e soprattutto un importante rilancio della vita economica delle popolazioni locali. Il progetto di riforestazione ha coperto un'estensione di oltre tremila chilometri, riprendendo un'esperienza precedente, sempre condotta dai cinesi, ma nella Mongolia interna, là dove monti, colline e pianure sono attraversati dalle ultime propaggini del deserto dei Gobi. In quel caso la stabilizzazione del territorio ha incentivato la presenza di aree verdi, anche coltivabili, riducendo drasticamente le celebri tempeste di sabbia che il vento sospingeva frequentemente fino a Pechino ancora negli anni '60 e '70 del Novecento.
La somiglianza di condizioni atmosferiche, meteorologiche e stagionali tra i deserti del Sahara e del Taklamakan hanno convinto i cinesi e gli africani a orientarsi verso la piantumazione di pioppi del deserto, salici rossi e alberi della famiglia dei saxsaul, bassi e con una struttura simile a quella degli arbusti, ma proprio perché capaci di crescere in altezza per almeno un metro, fondamentali rispetto ai cespugli bassi e spinosi che invece non sono in grado di contenere l'avanzata del deserto e vanno rimossi. I cinesi hanno anche consigliato di procedere contestualmente con la progettazione e la costruzione parallela alla Grande Muraglia Verde di considerevoli aeree raccoglitrici di energia solare ed eolica, per soddisfare il sempre crescente bisogno di elettricità delle popolazioni africane. Nouakchott, capitale della Mauritania, già sta beneficiano di questi sistemi di difesa del verde promossi dai cinesi, che sono stati implementati con una serie di griglie di paglia a scacchiera, già utilizzate dai cinesi nel deserto del Taklamakan. L'esempio mauritano ha rappresentato un successo già prontamente replicato in Etiopia.
Anche sul fronte del credito, le nazioni africane ogni giorno di più preferiscono i prestiti erogati dalla China Development Bank e della China Exim Bank, come dalla Nuova Banca di Sviluppo promossa dai BRICS, piuttosto che dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, anche perché le istituzioni controllate da Washington impongono congiuntamente politiche di "aggiustamento" volte a costringere a una svendita delle ricchezze nazionali e alla riduzione dello stato sociale.
L'attenzione cinese verso il continente è anche testimoniata dal moltiplicarsi di sedi dei media: l'agenzia di stampa Xinhua, la CCTV ovvero China Central Television, la CGTN, ovvero la China Global Television Network, la China Radio International, le redazioni del China Daily stanno tutte aprendo sedi in svariate nazioni.
Da ultimo vi è il capitolo della telefonia, se oggi Xiaomi, Huawei, Oppo, Realme e molte altre aziende cinesi stanno diventando tra i produttori globalmente più noti e diffusi, in Africa furoreggiano Tecno, Infinix, Itel e soprattutto la Transsion di Shenzhen, poco conosciuta in Europa, ma prima in Africa per vendite, con tecnologie particolari come batterie di lunga durata, fondamentali per il mercato africano.
L'Africa sta cambiando e il contributo cinese appare ogni giorno sempre più determinante nella costruzione del futuro.