08/12/2025 strategic-culture.su  7min 🇮🇹 #298363

Il Vaticano con il fallimentare viaggio di Leone Xiv in Turchia e in Libano si è mostrato del tutto subalterno alla Nato

Davide Rossi

Il 23 settembre 2025 papa Leone XIV passeggiava per il borgo di Castel Gandolfo, residenza estiva dei pontefici e un giornalista, sotto le telecamere di molte televisioni, gli ha chiesto che cosa pensasse del riarmo europeo, lo statunitense, del tutto imbarazzato, stretto tra l'universale mandato di pace ascritto nel ministero petrino e l'obbedienza atlantista che resta la cifra essenziale della sua elezione, un'obbedienza tutta protesa alla guerra contro la Russia oggi e forse la Cina domani, non sapendo che cosa rispondere ha poi bofonchiato laconicamente: "non so, è una questione politica".

La maldestra e rappezzata situazione viene trasmessa dal canale italiano RAI di informazione permanente ventiquattro ore, prima che, o un dirigente della televisione pubblica o una telefonata dal Vaticano, portassero a far scomparire il pasticcio oramai comunque teletrasmesso.

Dunque giusto gli irrimediabilmente speranzosi potevano nutrire aspettative sull'operazione molto poco ecumenica e tutta atlantista del viaggio a Nicea di papa Prevost, pur sotto la veste quasi aulica della ricerca di unità delle chiese volte a richiamarsi al primo Concilio ecumenico di Nicea, tenutosi nel 325 d.C. e presieduto dall'imperatore romano Costantino I con l'intento di dirimere le dispute sulla natura di Gesù, la Trinità, il testo del Credo, il moltiplicarsi dei seguaci del vescovo Ario. Concilio di cui ci è giunta notizia grazie ad Eusebio da Cesarea, storico, filologo e biblista, discepolo spirituale di Origene.

Leone XIV in visita in Turchia ha riconosciuto il ruolo di pace svolto a livello internazionale dalla Turchia e dal presidente Recep Tayyip Erdogan, fatto ovviamente scarsamente riportato dalla stampa occidentale, quindi ha insistito nei ripetuti incontri con il patriarca greco - ortodosso Bartolomeo I, tra Istanbul e Nicea, sulla necessità dell'unità dei cristiani.

Intanto la credibilità di Bartolomeo I è totalmente scemata dopo che, accettando il 6 gennaio del 2019 la richiesta dell'allora presidente ucraino Petro Porošenko, ha riconosciuto l'autocefalia della Chiesa Ortodossa Ucraina, ovvero ha sottoscritto una assurda e aberrante separazione antistorica tra le chiese di Mosca e di Kiev, sancita piuttosto da una millenaria comunione.

Quando papa Francesco ha immaginato, già più di un anno fa, l'idea di un incontro ecumenico a Nicea nel 2025, aveva proposto un momento di totale unità, ovvero chiese unite per la pace, dunque aveva sempre ipotizzato l'importanza della presenza di tutta l'Ortodossia, quindi anche del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie e del suo arcivescovo Kiril I, fatto del tutto impossibile oggi con il patriarca Bartolomeo I che spalleggia il governo ucraino nella persecuzione degli ucraini fedeli al Patriarcato di Mosca.

Leone XIV in questo viaggio ha confermato le scelte politiche, finanche militari, di un Occidente in guerra contro la Russia, fatto per molti aspetti gravissimo.

Era evidente in queste condizioni che Kiril I o qualsiasi altro rappresentante del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie non avrebbe potuto partecipare alle celebrazioni del 1700° anniversario del Concilio di Nicea.

Il Vaticano ha allora provato a giocare la formula della "antica pentarchia", ovvero invitare i vescovi delle prime sedi episcopali chiamate a organizzare e amministrare la comunità cristiana: ovviamente per Roma Leone XIV stesso e per Costantinopoli Bartolomeo I, quindi i vescovi di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, il risultato è stato un altro colossale disastro e un memorabile fallimento.

L'invito a Iznik, l'odierno nome dell'antica Nicea, è stato clamorosamente declinato da tutti e tre i patriarchi, certo, in ordine sparso qualche rappresentate dei cattolici di rito orientale e dei greco - ortodossi ha raggiunto l'antico borgo di ventimila abitanti, ma i tre maggiori vescovi di quelle città si sono guardati bene dal raggiungerla, al pari degli ortodossi dei molti riti mediorientali, dai siro - giacobiti, agli armeni, ai caldei.

Assente il Patriarca di Alessandria Tawadros II, pontefice della Chiesa Ortodossa Copta, il quale ha poi, al pari dei Copti di Etiopia ed Eritrea, per altro custodi questi due ultimi delle più antiche tradizioni di tutta la cristianità, aperte divergenze teologiche non solo con Roma, ma anche con Costantinopoli, tuttavia neppure i patriarchi greco - ortodossi di Gerusalemme Teofilo III e di Antiochia, Ioannis X Yazigi si sono presentati, anzi, hanno sonoramente rimarcato che non esista comunione dentro l'Ortodossia senza il coinvolgimento del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie.

Alla luce di tutte queste defezioni, la scelta di Leone XIV e di Bartolomeo I di insistere sul tema dell'unità dei cristiani, diventa a tutti gli effetti imbarazzante, anche perché il rischio è che sia una specie di ricomposizione giusto tra Mosca e Costantinopoli, la quale non interessa in nessun modo neppure gli ortodossi serbi, quelli bulgari e quelli rumeni.

L'appello accorato a una celebrazione unitaria della Pasqua del 2033 da realizzarsi a Gerusalemme, per il bimillenario della Resurrezione di Gesù, appare del tutto irrealistico e velleitario, ancora più accidentata la strada verso la scelta di una data unitaria per una celebrazione comune della Pasqua. Quando papa Francesco ha avanzato questa ipotesi, è partito dal convincimento che non si dovesse in alcun modo obbligare gli ortodossi a convergere sulla data calcolata con le modalità dei cattolici, propendo piuttosto al mondo cattolico di convergere sulla modalità di calcolo ortodossa o al massimo di trovare una domenica prossima a metà aprile, ovvero un nuovo criterio generale di identificazione della data della Pasqua. Ora, in modo del tutto imbarazzante, vista l'esiguità di quanto seguono Costantinopoli, una eventuale convergenza di Bartolomeo I sulla data cattolica, non potendo egli vantare di rappresentare l'Ortodossia nel suo complesso, ma soltanto una infima porzione della stessa, al pari della vergognosa convergenza con il cattolicesimo sul 25 dicembre voluta dal governo di Kiev per la celebrazione del Natale della chiesa ortodosso - ucraina, al posto del 7 gennaio, millenaria data di celebrazione della nascita di Gesù per l'Ortodossia, rischierebbe più di provocare il disconoscimento di Bartolomeo I e di quanti lo seguono da parte di tutto il resto del mondo ortodosso, piuttosto che risultare una ricomposizione autentica di quella separazione dolorosamente intercorsa nel 1054 con la scomunica contro gli ortodossi depositata sull'altare della cattedrale di Santa Sofia a Costantinopoli dal bellicoso cardinale cattolico Umberto di Silva Candida.

Ai guasti religiosi si sommano quelli politici, il quotidiano turco Aydinlik ha riassunto la visita di papa Prevost, sotto le telecamere domenica 30 novembre 2025 dentro il patriarcato di Costantinopoli durante il suo discorso con un funzionario statunitense dietro le spalle, non si è capito bene se intento ad ascoltare l'orazione o a suggerirla, ricordando che il dialogo ecumenico è sembrato nell'odierna interpretazione del Vaticano, piuttosto un progetto politico - religioso di supporto alla NATO, sostenendo una legittimazione di Bartolomeo I in aperta rottura e contrasto con la parte preponderante del resto dell'Ortodossia, una scelta del tutto politica confermata dal viaggio successivo in Libano a supporto dei cattolico - maroniti, notoriamente ostili alla maggioranza sciita dei loro concittadini. I maroniti infatti sono succubi e subalterni agli interessi occidentali, ostili ad Hezbollah e di conseguenza anche al mondo palestinese a partire da Hamas, le parole di Leone XIV per il disarmo sono apparse dunque più un supporto a alle politiche di Washington e di Bruxelles, che un richiamo evangelico, con una altra tragica conseguenza, quando papa Prevost ha invitato e invita all'unità dei figli di Abramo, vista la sua contiguità alle cancellerie occidentali e ai loro progetti reiteratamente egemonici e la sua ostilità all'Islam religioso e politico, appare del tutto non credibile, dunque totalmente inefficace, quando invece il dialogo non solo tra cristiani, ma anche tra cristiani e musulmani dovrebbe essere una delle grandi priorità del tempo presente.

Del tutto inutile poi parlare della pur giusta comunione abramtica, se, come nel caso di Leone XIV, entrando in visita nella stambuliota Moschea Blu si è rifiutato, al pari dei crociati di secoli prima, di pregare, mentre i suoi due predecessori, non solo l'argentino Bergoglio, ma anche il rigido teologo tedesco Ratzinger, entrati in una moschea, sempre hanno chiesto di poter avere un momento di preghiera e di raccoglimento, proprio in nome e in ragione di quell'Abramo, sepolto in Palestina, che è il patriarca indivisibile di ebrei, cristiani e musulmani.

Quello in Turchia e Libano, il primo viaggio all'estero di papa Prevost, si rivelato quindi un assoluto fallimento.

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