Daniele Perra
Con l'inaugurazione del corridoio marittimo Novorossiysk-Lagos e l'affermazione dell'Alleanza degli Stati del Sahel si prospetta un vero e proprio sconvolgimento geopolitico che porta l'Africa occidentale sempre più lontana dall'Occidente.
Nel settembre 2023, i vertici militari di Mali, Niger e Burkina Faso hanno annunciato la nascita dell'Alleanza degli Stati Sahel. Questa veniva presentata come una "architettura di difesa collettiva e mutua assistenza a beneficio della rispettive comunità". Di fatto, si tratta(va) di una combinazione di sforzi militari ed economici congiunti per limitare la presenza gihadista nella regione di Liptako-Gourma, dove si incontrano i tre Stati e dove vive il 45% della loro popolazione complessiva (che si aggira sui 73 milioni di persone). Da questa area, la ribellione gihadista, iniziata in Mali nel 2012 (e ben raccontata anche sul piano cinematografico dal regista Abderrahmane Sissako con la pellicola Timbuktu), si era estesa sul territorio di Niger e Burkina Faso a partire dal 2015. E l'incapacità dei rispettivi governi ad affrontare la minaccia dei gruppi legati ad al-Qaeda (come Jama'at Nasr al-Islam wal-Muslimin) ed al sedicente Stato Islamico (Provincia del Sahel) - e le non meno pericolose e diffuse ribellioni tuareg (il Movimento indipendentista Azawad nel Mali settentrionale che taluni presentano come legato all'Algeria) - è stato uno dei motivi che ha scatenato il risentimento militare (scarso equipaggiamento ed addestramento approssimativo hanno portato le forze armate di questi Paesi a subire notevoli perdite negli scontri con suddette milizie) e dato il là a tutta una serie di colpi di Stato che, a partire dal 2021 (con la salita al potere del generale Assimi Goita in Mali), ha sconvolto il panorama politico e geopolitico regionale.
Nel gennaio successivo, i tre Stati optarono per l'uscita unilaterale dall'ECOWAS (la Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale), e quando la stessa ECOWAS minacciò l'intervento militare diretto per ristabilire la "legalità democratica" in Niger, a seguito del colpo di Stato che ha defenestrato il Presidente Mohamed Bazoum, Mali e Burkina Faso comunicarono che avrebbero percepito la cosa come una dichiarazione di guerra a tutti gli effetti.
Nel 2022, inoltre, il Mali ha scelto di mandare via il contingente militare francese che, in linea teorica, avrebbe dovuta contenere la ribellione gihadista (senza grandi risultati, ad onor del vero). Lo stesso è avvenuto in Burkina Faso; mentre il Niger ha optato per una drastica riduzione della cooperazione con Parigi.
A questo proposito, non è errato affermare che l'Alleanza sia impostata alla riduzione della presenza neocoloniale francese nella regione che dal Sahel arriva al Golfo di Guinea. Ed in questo senso, non è affatto da sottovalutare il ruolo della Russia che ai tre Stati dell'Alleanza sta offrendo addestramento, ripristino delle strutture militare distrutte nel conflitto con le milizie gihadiste, fornitura di tecnologia satellitare e bellica (droni e blindati in particolar modo), presenza in loco di compagnie militari private (l'Africa Corps, o Gruppo Wagner, continua a mantenere una notevole presenza soprattutto in Mali), e garanzie di protezione (come nel caso del giovane capitano Ibrahima Traoré, leader del colpo di Stato in Burkina Faso). Senza considerare la partecipazione di Mosca per ciò che concerne i progetti minerari (il Niger, ad esempio, è estremamente ricco di Uranio - e la Francia non potrebbe permettersi di perderlo totalmente) o quelli infrastrutturali (dove anche la Repubblica Popolare Cinese gioca un ruolo di primo piano).
In altri termini, il consolidamento dell'Alleanza degli Stati Sahel si palesa come l'ennesimo fallimento della politica estera francese sotto la presidenza di Emmanuel Macron, colui che affermava che non era il caso di umiliare troppo Vladimir Putin in Ucraina. Il Presidente francese, nonostante le sue pseudo ambizioni neonapoleoniche, di fatto, sembra aver fallito su tutta la linea per quanto riguarda il contenimento/isolamento della Russia sul piano internazionale. E le sue posizioni intransigenti sul conflitto ucraino, assieme a quelle dei vertici comunitari europei, appaiono come il riflesso della loro incapacità di comprensione delle traiettorie geopolitiche globali e, di conseguenza, come la rovinosa estremizzazione (e negazione) di suddetto fallimento. Dopotutto, come ebbe modo di affermare a suo tempo il pensatore francese Alain de Benoist, coloro i quali si occupano della costruzione europea purtroppo non hanno la benché minima idea in materia di geopolitica.
Tornando al ruolo russo nella ricostruzione del panorama geopolitico dell'Africa occidentale appare meritevole di una breve parentesi l'apertura del corridoio marittimo che da Novorossiysk, sul Mar Nero, arriva, attraverso il Mediterraneo, Gibilterra e le coste occidentali africane, a Lagos in Nigeria. La rotta, studiata dalla compagnia russa A7 African Cargo Lines (di nuova creazione, ma già strumento di primo piano per ottenere un ruolo fondamentale in quella che potrebbe essere definita come "geopolitica dei container", elemento cruciale della progressiva affermazione del multipolarismo), di fatto, riduce i costi di trasporto tra Russia ed Africa occidentale del 50%. Non solo, questa, con la possibilità di essere estesa al Senegal ed anche all'altro lato dell'Atlantico, verso l'America Latina, si presenta come un passo decisivo per l'affermazione di un nuovo paradigma per ciò che concerne la politica internazionale: quelle relazioni Sud-Sud di cui si fece portavoce il pensatore brasiliano André Martin introducendo il concetto di "meridionalismo", e che, a suo modo di vedere, avrebbero dovuto rappresentare il fondamento di una alleanza strategica tra i Paesi latinoamericani, africani ed asiatici, per il raggiungimento del medesimo livello di sviluppo dell'emisfero settentrionale.
Ad ogni modo, nel contesto africano, pare importante sottolineare anche la potenziale cooperazione tra il gigante nigeriano (oltre 200 milioni di abitanti, enormi risorse naturali e fresco membro BRICS - il suo ingresso risale al gennaio dell'anno corrente) e l'Alleanza degli Stati del Sahel per ciò che concerne la lotta alle organizzazioni criminali transfrontaliere ed all'estremismo gihadista di cui la stessa Nigeria è affetta nelle regioni settentrionali, dove Boko Haram continua a rappresentare una seria minaccia alla stabilità dell'area (gruppi ad esso affiliati sono infatti presenti anche in Mali, Niger e Ciad).
In questo senso, lo sviluppo di reti infrastrutturali transnazionali risulta fondamentale per assicurare una connessione economica capace di garantire sviluppo ad aree per troppo dimenticate e considerate meritevoli di attenzione (da parte occidentale) solo in termini di creazione di rapporti di dipendenza neocoloniali.
Nello specifico, il collegamento Novorssoiysk-Lagos porterà in Africa cereali, fertilizzanti e macchinari per lo sviluppo tecnologico dell'agricoltura in loco; mentre trasferirà in Russia cotone, minerali e prodotti agricoli. Allo stesso tempo, mette in risalto il desiderio di diversificazione e di interconnettersi sul piano globale della Nigeria, economia in rapida crescita ma la cui megalopoli più importante (proprio Lagos) rimane ancora sostanzialmente esclusa dalle più influenti reti commerciali internazionali e, di conseguenza, da quello che è stato definito come il "ciclo della ricchezza".
In conclusione, è doveroso sottolineare anche come la crescita esponenziale della presenza russa in Africa rappresenti un elemento estremamente preoccupante per l'Alleanza Atlantica, visto che questa, a prescindere dalle esternazioni bellicose, sul suo lato meridionale si trova di fronte ad una doppia catena di Paesi, dall'Africa del Nord (Algeria, Libia, Egitto) a quella sahariana (Sudan, Ciad, Niger, Mali) e subsahariana (si pensi al ruolo del Gruppo Wagner nella Repubblica Centrafricana), in cui l'influenza di Mosca non accenna minimamente a diminuire.
Di fatto, dal primo summit Russia-Africa del 2019 (al quale parteciparono 43 capi di Stato africani), la penetrazione russa in Africa è rimasta costante ed assicurata dal fatto che Mosca, alla pari di Pechino, non richiede precise condizioni politiche in cambio di aiuti o dello sviluppo di iniziative commerciali bilaterali. Questo, naturalmente, ha portato i media occidentali a descrivere la Russia come un fattore destabilizzante, la cui disinformazione avrebbe portato milioni di persone a guardare con sospetto dei governi percepiti come marionette dell'Occidente (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, in particolare) e, di conseguenza, a sostenere con fermezza i regimi militari nazionalisti appoggiati da Mosca. Tuttavia, l'Occidente, di fronte alla sua crisi di influenza in Africa, dovrebbe compiere prima di tutto un serio esame di coscienza. Infatti, in più di una occasione, le varie insurrezioni gihadiste si sono presentate come uno strumento per riaffermare sistemi di penetrazione militare e di controllo delle risorse di tipo coloniale in cui l'Occidente stesso, da un lato godeva dell'appropriazione di materie prime in cambio di poco o nulla; mentre, dall'altro, data la sostanziale inefficacia dell'intervento, lasciava il Paese colpito in una condizione anche peggiore di quella in cui si trovava inizialmente. Si pensi, ad esempio, al Burkina Faso che, all'inizio di questo decennio, ha rapidamente superato l'Afghanistan in termini di vittime del terrorismo.