Giacomo Gabellini
Nei giorni scorsi, l'Office of the Director of National Intelligence, diretto da Tulsi Gabbard, ha pubblicato la valutazione annuale delle minacce (Annual Treath Assessment) per l'anno 2025. Quali sono le minacce che gli Stati Uniti vedono davanti a sé?
Nei giorni scorsi, l'Office of the Director of National Intelligence, diretto da Tulsi Gabbard, ha pubblicato la valutazione annuale delle minacce (Annual Treath Assessment) per l'anno 2025. Il documento, redatto con la collaborazione dell'intera comunità d'intelligence statunitense, si occupa di individuare e valutare l'entità delle minacce ai cittadini, allo Stato e ai suoi interessi economici e di sicurezza. Il rapporto esordisce sottolineando che «un insieme eterogeneo di attori stranieri sta prendendo di mira la salute e la sicurezza degli Stati Uniti, le infrastrutture critiche, le industrie, la ricchezza e il governo. Gli avversari statali e i movimenti non governativi ad essi riconducibili stanno cercando di indebolire e sostituire il potere economico e militare degli Stati Uniti in tutto il mondo».
Per quanto concerne alle organizzazioni non statali, l'attenzione si concentra sui cartelli della droga messicani, colombiani e centroamericani, «in gran parte responsabili delle oltre 52.000 morti negli Stati Uniti per oppioidi sintetici nei 12 mesi conclusisi a ottobre 2024, e coinvolti nel flusso di immigrazione illegale che ha portato negli Stati Uniti quasi tre milioni di clandestini nel 2024, mettendo a dura prova le risorse nazionali ed esponendo le comunità statunitensi a una serie di pericoli». Anche i gruppi dell'integralismo islamico compaiono nell'elenco, così come i pirati informatici e gli organismi di intelligence para-statali, ritenuti responsabili di «attacchi diretti contro la nostra ricchezza, le infrastrutture critiche, le telecomunicazioni e i media». Costoro «sono spesso abilitati, sia direttamente che indirettamente, da attori statali come Cina e India».
Il nocciolo duro dell'analisi verte tuttavia sulla natura delle sfide poste dagli avversari statali, i quali «dispongono di armi in grado di colpire il territorio degli Stati Uniti o disattivarne i sistemi vitali nello spazio, per scopi coercitivi o nell'ambito di una guerra propriamente detta. Queste minacce si rafforzano a vicenda, creando un ambiente di sicurezza molto più complesso e pericoloso». L'organismo diretto da Tulsi Gabbard si sofferma in particolare sul ruolo svolto da «Russia, Cina, Iran e Corea del Nord, che tanto individualmente quanto collettivamente stanno mettendo a rischio gli interessi degli Stati Uniti nel mondo [...], con tattiche di hard power sia asimmetriche che convenzionali, e attraverso l'impiego di sistemi alternativi per competere con gli Stati Uniti, principalmente in ambito commerciale, finanziario e di sicurezza. Cercano di sfidare gli Stati Uniti e altri Paesi mediante campagne deliberate volte a ottenere vantaggi senza esporsi al rischio di guerra diretta. La crescente cooperazione tra questi avversari sta elevando il loro livello di fermezza contro gli Stati Uniti».
La Repubblica Popolare Cinese viene identificata come la minaccia di maggiore portata alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, sotto il profilo militare, tecnologico, informatico, economico e commerciale, perché titolare delle capacità di «compromettere l'infrastruttura degli Stati Uniti [...]. Pechino continuerà a rafforzare le sue capacità militari convenzionali e le sue forze strategiche, a intensificare la competizione nello spazio e a sostenere la sua strategia economica espansiva in ambito industriale e tecnologico per competere con il potere economico e la leadership globale degli Stati Uniti».
Nello specifico, il Paese si è attrezzato per condurre attacchi convenzionali di precisione a lungo raggio contro la periferia degli Stati Uniti (Guam, Hawaii e Alaska in primis) e modernizzare l'arsenale nucleare, chimico e biologico, oltre che per rafforzare il proprio ruolo nei trasporti marittimi e garantirsi pieno accesso a risorse di primaria rilevanza. Allo stesso tempo, la centralità che riveste nell'estrazione e nella lavorazione di numerosi materiali critici pone la Cina nelle condizioni di influenzare i prezzi e riconfigurare le catene di approvvigionamento globali. L'approccio dirigistico, che combina aspetti tipici del modello capitalista con la pianificazione di stampo socialista, si traduce in una direzione pubblica del settore privato finalizzata a conseguire un avanzamento scientifico e tecnologico dirompente, funzionale all'autosufficienza e all'affermazione del primato mondiale della Cina in una molteplicità di settori cruciali.
I successi finora ottenuti al riguardo sono stati integrati sotto la regia centralizzata di Pechino in «una strategia nazionale poliedrica», dando luogo a una serie di «campagne complesse, che coinvolgono l'intera struttura governativa, caratterizzate da operazioni militari, economiche e di influenza volte ad affermare la propria posizione e forza, tenendo gli strumenti più distruttivi da parte per eventuali conflitti su vasta scala. Pechino probabilmente espanderà questo genere di campagne per promuovere l'unificazione con Taiwan, proiettare la propria influenza nell'Asia orientale e intaccare l'egemonia degli Stati Uniti».
Secondo l'Office of the Director of National Intelligence, è scontato che «Pechino continuerà a espandere le attività di influenza maligna, coercitiva e sovversiva intese a indebolire gli Stati Uniti sul piano sia domestico che internazionale, nonché per contrastare quella che Pechino interpreta come una campagna guidata dagli Stati Uniti per sabotare le relazioni globali della Cina e rovesciare il Partito Comunista Cinese. Attraverso questi sforzi, la Repubblica Popolare Cinese ambisce a sopprimere opinioni critiche nei suoi confronti sia all'interno degli Stati Uniti che nel mondo, e seminare dubbi in merito alle capacità di leadership e alla forza degli Stati Uniti. È probabile che Pechino si senta incoraggiata ad avvalersi della propria influenza maligna con maggiore regolarità nel corso dei prossimi anni», anche in virtù del contributo determinante che può derivarle dall'utilizzo dell'intelligenza artificiale.
Il documento attribuisce un ruolo parimenti destabilizzante rispetto alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti alla Russia, impegnata in un conflitto simmetrico e ad altissima intensità in Ucraina. O meglio, in quella che il Cremlino percepisce - così come l'attuale segretario di Stato Marco Rubio - come una guerra per procura predisposta da decenni dal cosiddetto "Occidente collettivo" che intendeva avvalersi dell'Ucraina come "testuggine" contro la Russia. Lo scontro militare, deflagrato al culmine di un'escalation che si protraeva quantomeno dal 2013 e ingaggiato dalla Russia con l'obiettivo di proteggere le popolazioni del Donbass e definire una architettura europea ispirata al principio cardine dell'indivisibilità della sicurezza, sembra aver preso una piega irreversibilmente favorevole a Mosca generando stravolgimenti di enorme portata. In particolare, recita il rapporto, «la Russia ha preso il sopravvento nella sua invasione su vasta scala dell'Ucraina e si trova sulla buona strada per accumulare l'influenza necessaria a spingere Kiev e i suoi sostenitori occidentali a negoziare una conclusione della guerra che soddisfi le condizioni poste da Mosca [...]. Anche se il presidente Putin non riuscirà a ottenere la vittoria totale che aveva immaginato quando ha avviato l'invasione nel febbraio 2022, la Russia mantiene lo slancio nelle consapevolezza che la guerra di logoramento gioca a suo favore. Un confronto di questo tipo comporterà un'erosione graduale ma costante della posizione di Kiev sul campo di battaglia, indipendentemente da qualsiasi tentativo degli Stati Uniti o degli alleati di imporre nuovi e maggiori costi a Mosca».
L'Office of the Director of National Intelligence riconosce l'inefficacia delle sanzioni, che la Russia è riuscita o ad aggirare attraverso triangolazioni, o a vanificarne l'effetto attraverso lo sviluppo delle potenzialità interne. Nonché mediante il supporto di Cina, Iran e Corea del Nord, rivelatosi fondamentale sia sotto il profilo commerciale e militare, sia per coronare di successo i progetti russi volti alla dedollarizzazione e al potenziamento di organismi internazionali svincolati dal controllo occidentale, come il Brics e la Shanghai Cooperation Organisation. La Russia ha manifestato una notevolissima capacità di adattamento alle sfide multiformi poste dalle misure punitive occidentali, sfruttate come barriere protettive utili a valorizzare l'innovazione tecnologica e la capacità industriale domestiche, in cui lo Stato ha investito pesantemente senza tuttavia provocare il dissesto dei conti pubblici. L'approccio pragmatico e dirigistico adottato dal governo di Mosca ha rafforzato la posizione della Russia, a tutt'oggi quarta economia del mondo in base al criterio del Pil a parità di potere d'acquisto, consegnandole uno strumento bellico formidabile. «Le ragguardevoli perdite subite dalle forze terrestri durante la guerra - recita il documento - non hanno intaccato i pilastri strategici del potere militare russo, a partire dal suo deterrente nucleare robusto e diversificato e dalle capacità asimmetriche, con particolare riferimento alla guerra spaziale e sottomarina. Le forze aeree e navali della Russia rimangono intatte, con le prime che risultano oggi più moderne e capaci rispetto all'inizio dell'invasione. La Russia sta sviluppando un crescente arsenale di capacità convenzionali [...] per colpire gli Stati Uniti e le loro forze e risorse dispiegate all'estero, oltre che per mettere a rischio gli alleati [...]. Le armi di distruzione di massa e i programmi spaziali avanzati della Russia minacciano la patria e le forze statunitensi».
La guerra in Ucraina è stata inoltre sfruttata dalla Russia alla stregua di una palestra, in cui affinare le tecniche di contrasto delle armi e dell'intelligence occidentali: «questa esperienza probabilmente metterà alla prova la futura pianificazione della difesa degli Stati Uniti, anche contro altri avversari con cui Mosca sta condividendo gli insegnamenti assimilati finora». Anche perché «la Russia continuerà a essere in grado di impiegare diplomazia anti-statunitense, politiche energetiche coercitive, disinformazione, spionaggio, operazioni di influenza, intimidazione militare, attacchi informatici e strumenti ibridi per competere efficacemente rimanendo al di sotto del livello di conflitto armato, così da creare opportunità per promuovere gli interessi nazionali».
In altri termini, «indipendentemente da come e quando finirà la guerra in Ucraina, le attuali tendenze geopolitiche, economiche, militari e politiche interne della Russia evidenziano la sua resilienza e ne esaltano la capacità di esercitare una minaccia duratura al potere, alla presenza e agli interessi globali degli Stati Uniti. Nonostante abbia pagato enormi costi militari ed economici nella sua guerra con l'Ucraina, la Russia ha dimostrato di essere adattabile e resiliente, in parte a causa del sostegno ampliato di Cina, Iran e Corea del Nord. Il presidente Putin sembra risoluto e pronto a pagare un prezzo molto alto per prevalere in quello che vede come un momento decisivo nella competizione strategica della Russia con gli Stati Uniti, la storia mondiale e la sua eredità personale. La maggior parte dei russi continua ad accettare la guerra, e l'emergere di un'alternativa a Putin è meno probabile ora che in qualsiasi altro momento del suo governo, durato un quarto di secolo». Ne consegue che, per gli Stati Uniti, «prolungare la guerra Russia-Ucraina non fa che perpetuare i rischi strategici di un'escalation verso una guerra su larga scala, implicante il potenziale uso di armi nucleari, una maggiore insicurezza tra gli alleati della Nato (in particolare in Europa centrale, orientale e settentrionale) e una crescente intraprendenza da parte di Cina e Corea del Nord».
Quest'ultima viene inquadrata dall'Annual Treath Assessment come una minaccia di carattere prevalentemente militare agli interessi e alla presenza statunitense in Asia orientale, grazie al suo arsenale sia convenzionale che nucleare in continua evoluzione grazie al sostegno finanziario, tecnologico, commerciale e miliare accordato dalla Russia ai sensi della Partnership strategica bilaterale siglata mesi addietro. Il supporto russo ha posto la Corea del Nord nelle condizioni di alleggerire la dipendenza dalla Cina, ma anche di mettere a punto armi strategiche e di acquisire un appoggio diplomatico fondamentale al perseguimento «degli obiettivi di lunga data di Kim Jong-un consistenti nell'assicurare a Pyongyang l'accettazione internazionale come potenza nucleare, ridimensionare la presenza militare statunitense nella penisola coreana, espandere il controllo statale sull'economia nordcoreana e minimizzare l'influenza straniera». Si prevede quindi che «Kim agirà in modo aggressivo per contrastare le attività che ritiene possano indebolire il regime e minaccerà di usare la forza nel momento in cui dovesse percepire le azioni degli Stati Uniti e degli alleati come una sfida alla sovranità della Corea del Nord, un indebolimento del suo potere o un intralcio alle sue ambizioni nucleari e missilistiche».
Quanto all'Iran, la sua posizione strategica è andata indebolendosi significativamente nel corso degli ultimi anni, a causa del deterioramento subito dall'"Asse della Resistenza" per effetto delle campagne militari israeliane contro Hamas e Hezbollah, del collasso della Repubblica Araba Siriana e delle operazioni belliche condotte dagli Stati Uniti contro gli Houthi yemeniti. Questi rovesci, combinati alla limitata capacità di Teheran di esercitare deterrenza nei confronti di Israele e ai ricorrenti tumulti domestici, «stanno mettendo seriamente alla prova le ambizioni e le potenzialità dell'Iran». Ciononostante, «le capacità convenzionali e non convenzionali dell'Iran rappresenteranno una minaccia per le forze statunitensi e i partner nella regione nel prossimo futuro». Teheran continuerà quindi a profondere «gli sforzi per contrastare Israele e spingere gli Stati Uniti ad abbandonare la regione mediorientale, facendo affidamento sul consorzio di terroristi e militanti con idee affini noto come "Asse della Resistenza" [...], sulla solida capacità missilistica e sul programma nucleare ampliato». Sul punto, l'Office of the Director of National Intelligence conferma le valutazioni precedentemente espresse secondo cui «l'Iran non sta costruendo un'arma nucleare e Khamenei non ha autorizzato la riattivazione del programma di armi nucleari che aveva sospeso nel 2003, sebbene siano con ogni probabilità aumentate le pressioni su di lui affinché lo facesse [...]. Khamenei rimane tuttavia il decisore finale riguardo al programma nucleare iraniano», e rimane ancorato al «desiderio di evitare il coinvolgimento dell'Iran in un conflitto diretto e ampliato con gli Stati Uniti e i loro alleati. Gli investimenti iraniani nelle forze armate rappresentano un elemento chiave degli sforzi volti a fronteggiare le minacce incombenti e scoraggiare/difendersi da un attacco da parte degli Stati Uniti o di Israele». L'Iran continua inoltre ad ammodernare i sistemi missilistici e il parco droni, costituendo scorte ragguardevolissime di cui è stata data recentemente prova in funzione dissuasiva nei confronti di Washington e Tel Aviv. Gli avanzamenti conseguiti nei settori della missilistica e dei velivoli senza pilota rappresentano strumenti fondamentali in un'ottica di proiezione di potenza e penetrazione commerciale, come testimoniato dall'intesa raggiunta con la Russia per la fornitura di droni di fabbricazione iraniana che ha aperto il varco alla sottoscrizione della partnership strategica tra i due Paesi.
Il governo di Teheran, sottolinea il rapporto, aderisce alla convinzione secondo cui «l'approfondimento dei rapporti con altri avversari chiave degli Stati Uniti e con svariati Paesi del Sud del mondo possa parzialmente vanificare gli sforzi degli Stati Uniti per isolare il regime e attenuare l'impatto delle sanzioni occidentali [...]. Nel corso del 2024, l'Iran si è concentrato ampiamente sull'approfondimento dei legami con la Russia, anche attraverso la cooperazione militare riguardo alla guerra in Ucraina, e si è appoggiato alla Cina per mitigare la pressione economica e diplomatica. L'Iran sta inoltre compiendo progressi nello sviluppo delle relazioni diplomatiche e di difesa con gli Stati africani e altri attori del Sud del mondo, cercando parallelamente di migliorare significativamente i rapporti instaurati di recente con diversi attori regionali, tra cui l'Arabia Saudita». Il verdetto è chiaro: «le capacità convenzionali e non convenzionali dell'Iran rappresenteranno una minaccia per le forze statunitensi e i partner nella regione nel prossimo futuro, nonostante il degrado dei suoi proxy e delle sue difese».
L'analisi realizzata dall'organismo di coordinamento delle agenzie di intelligence statunitensi si conclude con la valutazione delle minacce poste alla sicurezza nazionale dal crescente grado di interconnessione tra i quattro singoli attori statali menzionati. Le relazioni di carattere prevalentemente bilaterale e concentrate nei settori del commercio e della difesa istituite tra Cina, Russia, Corea del Nord e Iran «hanno rafforzato le loro capacità sia individuali che collettive di minacciare e danneggiare gli Stati Uniti, e accresciuto i livelli di resilienza rispetto agli sforzi profusi dagli Stati Uniti e dall'Occidente nel suo complesso per limitare o scoraggiare le loro attività». La guerra russo-ucraina ha funto da catalizzatore, ma «è probabile che la tendenza si consolidi a prescindere dall'esito della guerra», dando origine a un allineamento destinato a incrementare le possibilità che le tensioni o i conflitti tra gli Stati Uniti e uno qualsiasi degli avversari in oggetto finisca per coinvolgerne almeno un altro. Il riferimento è alla "partnership senza limiti" instaurata tra Mosca e Pechino, a cui l'Office of the Director of National Intelligence attribuisce «il potenziale maggiore per configurare rischi duraturi nei confronti degli interessi statunitensi».