30/10/2025 strategic-culture.su  8min 🇮🇹 #294849

La Città Proibita di Pechino come promemoria delle divergenze tra Cina e Taiwan

Davide Rossi

Le celebrazioni cinesi per il centenario del museo della Città Proibita riaprono il contenzioso con Taiwan per le opere trafugate nel 1948

I media cinesi hanno dato grande rilievo al centenario, 10 ottobre 1925 - 2025, della trasformazione della Città Proibita in spazio museale, il significato di tale avvenimento travalica di molto il semplice dato culturale, rappresentando questo luogo la centralità del potere nel passato, ma anche e soprattutto nel presente, essendo dalla Porta della Pace Celeste, che dà il nome all'omonima antistante piazza Tienanmen, che Mao Ze Dong e gli altri dirigenti rivoluzionari comunisti hanno dichiarato la nascita della Repubblica Popolare di Cina il 1° ottobre 1949, così come presso la Porta della Pace Celeste si sono celebrati i momenti più significativi della vita nazionale da allora ad oggi, da ultimo il 3 settembre 2025 le celebrazioni dell'80° della fine del secondo conflitto mondiale per il quale sono caduti venti milioni di cinesi, alla presenza insieme al presidente Xi Jinping di decine di capi di stato e di governo di tutto il pianeta a partire dal presidente russo Vladimir Putin.

La Porta della Pace Celeste, da cui si accede alla Città Proibita, è a tutti gli effetti il simbolo nazionale per eccellenza della Cina, risalente, come gli spazi un tempo abitativi e di rappresentanza a cui introduce, alla dinastia Ming, la quale ha edificato la città imperiale nel 1420.

Il tono poetico e celebrativo dell'articolo comparso in prima pagina il 9 ottobre sul "Renmin Ribao", ovvero "Il Quotidiano del Popolo" organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, giornale solitamente ispirato a una massima sobrietà, spiega molto chiaramente il senso e il significato politico dell'avvenimento, volto a ricongiungere simbolicamente l'intera storia cinese, non solo i sei secoli di vita del palazzo, con il ruolo della Cina nel tempo presente: "La luce del mattino filtra attraverso il tetto vetrato a più livelli della Sala della Suprema Armonia, proiettando un bagliore intenso e vivido sulle pareti rosse e sulle tegole gialle della Città Proibita. Il sole inonda di splendore il più grande e meglio conservato complesso di palazzi in legno al mondo, la Città Proibita, risalente a 605 anni fa, la quale si appresta a celebrare il suo centenario come museo. Storia e realtà convergono in questo luogo. Nella sala espositiva della Porta Meridiana, i visitatori sono colmi di ammirazione e riverenza per la civiltà cinese.", d'altronde, prosegue l'articolista: "Il Museo del Palazzo ospita una magnifica collezione di tesori culturali creati dalla nazione cinese nel corso di migliaia di anni." Più avanti si legge inoltre che: "la storia secolare del Museo del Palazzo incarna il percorso dell'industria museale cinese, dalle umili origini alla fiorente prosperità. Testimonia l'ascesa della Cina dalla povertà e dalla debolezza alla prosperità e alla forza e racconta la storia della fiducia culturale e del rinnovamento nazionale della nazione cinese."

I cinesi sottolineano con soddisfazione come uno spazio, per secoli precluso ai cittadini e riservato all'aristocrazia, sia oggi di proprietà del popolo e liberamente accessibile, visitato non solo da stranieri di tutto il mondo, ma anche e soprattutto da una porzione considerevole di quei cinesi che arrivano a Pechino ogni giorno per visitare la capitale della Repubblica Popolare, giungendo su piazza Tienanmen da tutte le contrade della vasta e immensa nazione. In media quotidianamente entrano oltre sessantamila visitatori nella Città Proibita per un totale di circa dieci milioni di persone all'anno.

I restauri condotti in questo primo quarto del nuovo secolo hanno raddoppiato le aree visitabili, rendendo fruibili oggi i due terzi della Città Proibita, tra i nuovi spazi accessibili meritano d'essere menzionati certamente i più suggestivi, come la Sala del Valore Marziale e il Palazzo della Compassione e della Tranquillità. I cinesi si fanno vanto di coniugare scienza, tecnologia e discipline umanistiche, per conservare le strutture e i preziosi e secolari manufatti. La tutela dei beni culturali qui custoditi ed esposti è infatti anche indissolubilmente legata al potenziamento della tecnologia digitale, ben un milione di opere sono state digitalizzate e rese disponibili on line, al pari di una serie di servizi che permettono di ammirare la Città Proibita anche attraverso internet.

Dopo la fondazione della Repubblica Popolare, il governo ha istituito nel 1953 una squadra speciale di tecnici e maestranze per la conservazione degli edifici antichi, riuscendo a occuparsi, fino all'avvento della tragica Rivoluzione Culturale che ha imposto per un decennio un parziale abbandono dei progetti manutentivi, di oltre quattrocento strutture tra quelle presenti nei centosessantamila metri quadrati di spazi aperti ed edifici antichi della Città Proibita, divenuta nel 1961 sito nazione di tutela dei beni culturali di importanza fondamentale e nel 1987 inserita, grazie a Deng Xiaoping, tra i patrimoni mondiali dell'UNESCO.

Alla conservazione della Città Proibita ha contribuito l'ultimo imperatore cinese Pu Yi, scomparso nel 1967, ma divenuto tra gli anni '30 e la Seconda Guerra Mondiale un collaboratore degli occupanti nipponici e per questo arrestato dai sovietici nell'agosto 1945, passando cinque anni in carcere a Khabarovsk. In una lettera a Iosif Stalin del 1949 segnala quanto le opere di Marx, di Lenin e dello stesso Stalin, lette presso la biblioteca della prigione, lo abbiano profondamente aiutato a mutare la sua visione del mondo. Nell'agosto 1950, insieme ad altri criminali di guerra del Manciukuo, è trasferito in Cina presso il Centro di gestione dei prigionieri di guerra di Fushun, per essere poi rilasciato e rientrare a Pechino nel dicembre 1959, ricevuto dal primo ministro Zhou Enlai. A Pechino ritrova diversi parenti, i quali nel frattempo si sono integrati e sono partecipi della nuova vita socialista, la quarta sorella Jin Yinxian già dagli albori della Repubblica Popolare lavora presso il Dipartimento degli Archivi del Museo del Palazzo della Città Proibita. Passeggiando dopo trentacinque anni per piazza Tienanmen, profondamente mutata per l'edificazione con il contributo sovietico del Palazzo del Popolo e del Museo di Storia della Rivoluzione, Pu Yi annoterà nei suoi diari: "mi sento libero, sicuro, felice e fiero e tutto questo grazie al Partito Comunista Cinese", con emozione per la prima volta partecipa da elettore alle elezioni generali del novembre 1960. Nell'autunno del 1961 Pu Yi si intrattiene con il presidente Mao Zedong, il quale ha personalmente letto le sue memorie "Da imperatore a cittadino" prima della loro pubblicazione. Nel frattempo dal marzo 1960 l'ultimo imperatore viene assegnato all'Orto Botanico della capitale, di pertinenza dall'Accademia Cinese delle Scienze, ma, raggiungendo la sorella, inizia anche a lavorare volontariamente nel tempo libero come consulente per la ristrutturazione e il nuovo allestimento della Città Proibita, in cui ha vissuto fino ai suoi diciotto anni nel 1924, venendo dopo qualche tempo assunto nel marzo 1961 come specialista del Comitato di Ricerca sui Materiali Culturali e Storici del Museo del Palazzo. La sua piena integrazione nella nuova Cina marxista si compie nel 1964, quando entrerà a far parte del Comitato Nazionale della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese.

Nella celebrazione del glorioso centenario, larga attenzione è data al lungo viaggio che le opere conservate nella Città Proibita hanno percorso verso il sud dell'immensa nazione negli anni '30 durante la Guerra di Resistenza contro l'aggressione giapponese, sempre su "Il Quotidiano del Popolo" si può leggere: "per proteggere i tesori nazionali dai saccheggi degli invasori giapponesi, il Museo del Palazzo intraprese la più grande, lunga ed estesa migrazione di reperti culturali della storia mondiale", aggiungendo: "decine di migliaia di scatole di reperti culturali, oltre un decennio di sfollamento e decine di migliaia di chilometri di montagne e fiumi: il personale del Museo del Palazzo ha sfidato il fuoco dell'artiglieria e rischiato la vita per proteggere i tesori nazionali", anche perché il personale del Museo del Palazzo riteneva allora e reputa oggi che: "le reliquie culturali del Museo del Palazzo siano legate al destino della nazione cinese, all'indipendenza e alla dignità nazionale". Quest'ultima affermazione, comprensibilmente molto patriottica, rimanda, sebbene assolutamente se ne taccia, a un fatto che resta, per tutti i cinesi e in particolare per i suoi massimi dirigenti, di inaudita gravità, nel novembre 1948 infatti, con ben tre navi di colossali dimensioni, Chiang Kai-shek trafuga settecentomila oggetti preziosi e unici tra quelli custoditi nel sud del paese e appartenenti al Museo del Palazzo della Città Proibita, portandoli a Taiwan e trasformando a Taipei questo bottino in una esposizione permanente di valore inestimabile, a maggior gloria dei nazionalisti. Pechino ritiene da sempre che tali opere debbano essere restituite, ma i taiwanesi non hanno mai provveduto, anzi ne rivendicano in esclusiva la proprietà, sebbene Pechino abbia a più riprese chiarito che è sua ferma intenzione giungere prima o poi al totale recupero di quell'immenso patrimonio culturale, con l'obiettivo di riportarlo nella sua sede originaria, ovvero la Città Proibita.

Il presidente Xi Jinping ha colto l'occasione del glorioso centenario affermando che si dovrebbe: "dare vita alle reliquie culturali conservate nella Città Proibita, al patrimonio esposto su questa vasta area e alle parole scritte nei libri antichi", un riferimento non solo ai manufatti e ai testi coevi dei sei secoli della struttura, ma a tutti quelli che raccolgono la saggezza pentamillenaria della Cina, un luogo chiamato a custodire la memoria dunque di cinque millenni di civiltà cinese e che proprio in ragione di questa vocazione universale intesa ad abbracciare tutta la cultura cinese non può rinunciare, sebbene nelle parole del presidente, così come negli svariati articoli e saggi dedicati al centenario non vi sia un richiamo diretto, alle opere indebitamente sottratte alla Città Proibita e attualmente conservate a Taiwan.

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