Giacomo Gabellini
Lo scorso 29 giugno, il senatore repubblicano della South Carolina Lindsey Graham ha previsto che il suo disegno di legge, denominato Sanctioning Russia Act, verrà approvato dal Congresso e promulgato dal presidente Trump entro la fine di luglio.
Il provvedimento, che secondo Graham sconterebbe il supporto bipartisan di ben 84 congressisti, prevede l'imposizione di tariffe secondarie minime del 500% su tutti i beni e servizi importati negli Stati Uniti da qualsiasi Paese che «venda, fornisca, trasferisca o acquisti consapevolmente petrolio, uranio, gas naturale, prodotti petroliferi o prodotti petrolchimici originari della Federazione Russa». L'aliquota tariffaria d'origine sarebbe peraltro soggetta quantomeno a un raddoppio ogni 90 giorni, condannando così gli Stati bersagliati a subire dazi del 1.000% o più.
Graham ha annunciato il disegno di legge ad aprile, circa un mese prima di recarsi a Kiev assieme al senatore democratico del Connecticut Richard Blumenthal per incontrare il presidente Zelensky. È in concomitanza con la loro visita che è scattata l'Operazione Spiderweb, nel cui ambito le forze ucraine hanno condotto attacchi simultanei contro i bombardieri strategici russi. Durante il suo soggiorno presso la capitale ucraina, Blumenthal ha espresso pieno appoggio al Sanctioning Russia Act, in quanto «la lotta dell'Ucraina è la nostra lotta. La nostra sicurezza nazionale è in gioco poiché Vladimir Putin porterà avanti e la sua aggressione non soltanto contro l'Ucraina, ma anche verso i nostri alleati, obbligandoci a inviare truppe ai sensi dei vincoli previsti dalla Nato. È il momento di fermare Putin».
L'obiettivo dichiarato del Sanctioning Russia Act consiste nell'esercitare una pressione asfissiante su Mosca, così da costringere le autorità del Cremlino ad assumere un atteggiamento maggiormente costruttivo nei negoziati con le controparti ucraine. Come ha spiegato lo stesso Graham, che ha acconsentito ad accordare un'esenzione ai Paesi che supportano militarmente e/o finanziariamente Kiev onde evitare di aggravare la guerra commerciale in corso con l'Unione Europea, «se acquisti prodotti dalla Russia e non sostieni l'Ucraina, ti aspetta una tariffa del 500% sui tuoi prodotti che entrano negli Stati Uniti [...]. India e Cina acquistano il 70% del petrolio di Putin. Alimentano la sua macchina da guerra. Il mio disegno di legge permetterebbe al presidente di imporre tariffe nei confronti di Cina, India e altri Paesi per impedire loro di sostenere la macchina da guerra di Putin, trascinandolo al tavolo delle trattative». Cina e India, ha aggiunto il senatore, «dovrebbero pagare un prezzo per aver sostenuto la macchina da guerra di Putin. Dovremmo schiacciare le loro economie».
Il provvedimento elaborato da Graham delinea uno scenario da incubo, perché prevede in buona sostanza l'imposizione di una sorta di embargo contro uno dei Paesi più centrali e inaggirabili nel commercio internazionale. La Russia è produttrice di primissimo di una sterminata gamma di commodity, dal petrolio al gas, dall'alluminio al cobalto, dal vanadio al piombo, dall'argento ai fosfati, dal rame al nichel, dal palladio al titanio, dal ferro all'acciaio, dal platino ai cereali, dal legname all'uranio, dal carbone all'argento, dai mangimi ai fertilizzanti, dal plutonio alla plastica. Isolare un Paese così rilevante è del tutto impossibile, come certificato dal fallimento in cui sono incappate le oltre 16.000 misure punitive irrogate dagli Stati Uniti e i 18 pacchetti di sanzioni imposti dall'Unione Europea. Nonostante lo sforzo titanico profuso e i pesanti contraccolpi subiti nel tentativo di marginalizzare la Russia, l'Unione Europea ha incrementato le importazioni dirette di gas russo del 18% nel 2024, continuando per di più ad approvvigionarsi di idrocarburi russi attraverso apposite triangolazioni. Stesso discorso vale per tutti gli altri alleati di Washington, quali Israele, Giappone, Corea del Sud e Taiwan, oltre che per gli stessi Stati Uniti, che importano regolarmente uranio russo per alimentare le proprie centrali nucleari e si avvalgono al pari dell'Europa di Paesi terzi per ottenere petrolio russo.
Alla disfunzionalità rispetto all'obiettivo di isolare la Russia, il provvedimento concepito da Graham coniuga colossali implicazioni inflazionistiche a danno degli Stati Uniti, dove quote crescenti di popolazione si vedono costrette a ricorrere in maniera sempre più sistematica all'indebitamento per sopravvivere. Anche sotto il profilo strategico il Sanctioning Russia Act presenta enormi controindicazioni, perché inimica agli Stati Uniti il favore dei Paesi neutrali inducendoli a cercare sponde altrove (magari a Pechino) e moltiplica gli incentivi per una emancipazione globale dal predominio del dollaro, in una fase in cui la valuta statunitense sta accusando le pesanti ricadute della politica tariffaria promossa dall'amministrazione Trump. Allo stesso tempo, la legge che Graham punta a introdurre si fonda sul presupposto già rivelatosi ampiamente inconsistente che la pressione economica rappresenti uno strumento efficace per ammorbidire la linea d'azione di Mosca. L'effetto prevedibile è di segno diametralmente opposto, come evidenziato dal portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov il quale ha invitato i sostenitori del disegno di legge sponsorizzato da Lindsey Graham a valutare l'impatto che l'adozione della misura produrrebbe sulle trattative in corso per porre fine al conflitto in Ucraina.
L'esortazione sembra essere stata accolta dall'amministrazione Trump, come si evince dalle rivelazioni formulate dal «Wall Street Journal» secondo cui il presidente e i suoi collaboratori starebbero esercitando una "pressione silenziosa" sul Senato affinché epuri il provvedimento dal tono prescrittivo che lo innerva dotandolo di maggiore flessibilità. Si tratterebbe, in buona sostanza, di conferire alla Casa Bianca il potere di imporre misure restrittive a discrezione del presidente anziché applicarle automaticamente. In primo luogo, per non irrigidire le posizioni russe in sede negoziale ed evitare di mettere a repentaglio sia l'accordo commerciale appena raggiunto con la Cina, sia le trattative con l'India per la definizione di un'intesa dello stesso tenore. Resta da vedere se Graham riuscirà a costruire attorno al suo provvedimento un consenso sufficientemente ampio da spingere nell'angolo l'amministrazione Trump, costringendo il presidente a venire meno una volta di più - dopo il recente intervento militare contro l'Iran - agli impegni assunti in campagna elettorale.