10/09/2025 strategic-culture.su  7min 🇮🇹 #289998

Russia e Cina al fianco della ricostruzione dell'Afghanistan

Davide Rossi

Russi e cinesi sono i primi a sostenere le popolazioni civili nel disinteresse, ancora una volta, delle cancellerie occidentali e degli organismi internazionali presuntamente posti ad alleviare tali difficoltà materiali.

A metà agosto 2025, mentre il presidente Xi Jinping si è recato in Tibet per celebrare il sessantesimo anniversario della fondazione della Regione Autonoma tibetana a Lhasa, ricordando il grande cammino di partecipazione e di cittadinanza compiuto dalle donne e dagli uomini di quella terra dalla fine del feudalesimo e con l'arrivo della Cina Popolare nel 1950 fino ad oggi, la Banca Centrale cinese ha informato che, a partire dall'Egitto, ma già con diverse altre nazioni del mondo, sta avviando l'abbandono del sistema bancario SWIFT con la creazione di un sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese: Cross-Border Interbank Payment System, in sigla CIPS, che permette ai singoli stati d'agire con la propria valuta nazionale, evitando di dover soggiacere al dollaro e ai suoi strumenti bancari e finanziari di interscambio.

Negli stessi giorni il ministro degli Esteri della Repubblica Popolare di Cina Wang Yi ha incontrato a Kabul il ministro degli Esteri afghano Amir Khan Muttaqi, sottoscrivendo accordi per un aumento della cooperazione con l'Afghanistan nei settori del commercio, dell'agricoltura, della riduzione della povertà, delle risorse idriche, della connettività infrastrutturale e degli scambi culturali, rallegrandosi di quanto il governo afgano stia mettendo in campo per combattere con risolutezza le forze terroristiche, sia contro l'ISIS - Khorasan, sia contro il Movimento Islamico del Turkestan orientale, responsabile di azioni violente e della fomentazione del separatismo etnico, promosso dalla Casa Bianca, nella regione autonoma cinese dello Xinjiang, in cui i musulmani rappresentano i due terzi della popolazione. La visita è avvenuta anche in ragione del settantesimo anniversario dell'instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Cina e Afghanistan. Wang Yi ha confermato che la Cina persegue una politica di pace e promuove in collaborazione con la Russia, la quale ha ugualmente intensificato l'interscambio con Kabul, una proposta multipolare capace di addivenire auspicabilmente a un nuovo ordine mondiale fondato sulla pace e la cooperazione tra tutte le nazioni della terra. Wang Yi ha altresì ribadito l'amicizia cinese nei riguardi del popolo afgano e il sostegno al governo locale nel garantire stabilità, dare priorità allo sviluppo e promuovere relazioni di buon vicinato, intensificando il rilancio, già avviato, di tutta la filiera estrattiva e di commercializzazione delle risorse minerarie, favorendo altresì la facilitazione dell'esportazione di prodotti e delle materie prime attraverso il territorio cinese. Da parte sua, Muttaqi ha espresso gratitudine alla Cina per il prezioso sostegno offerto nel contrastare le interferenze esterne in Afghanistan, affermando che l'amicizia con la Cina è un pilastro della politica estera dell'Afghanistan, in egual modo a quella con la Russia, il ministro ha espresso anche la volontà di rafforzare la cooperazione per salvaguardare congiuntamente una pace e una stabilità durature nella regione, al pari di quanto sta avvenendo sugli stessi temi con la Russia.

Per altro i maggiori investimenti economici e commerciali in Afghanistan sono venuti in questi anni dalle nazioni che hanno riconosciuto il governo afgano e la sua legittimità statuale almeno sostanzialmente se non formalmente. Quasi da subito nell'estate 2021 Turkmenistan, Pakistan, Cina Popolare e Russia si sono impegnati in questo senso, anche se poi è stata proprio la Federazione Russa nel luglio 2025 a formalizzare l'esplicito riconoscimento diplomatico internazionale, tuttavia sedi consolari informali sono presenti a Kabul in rappresentanza di tutte le nazioni maggiormente impegnate nei progetti di ricostruzione: Uzbekistan, Kazakistan, Iran, Qatar, Arabia Saudita, Malesia, ma anche altre nazioni arabe, asiatiche e centro-asiatiche. L'Uzbekistan ad esempio è impegnato in un duplice progetto infrastrutturale: l'edificazione della linea ferroviaria uzbeco - afgano - pakistana e il contributo all'ammodernamento delle reti elettriche, anche con sistemi di rifornimento energetico interstatale.

Per altro, già a un anno dalla dipartita statunitense, a fine luglio 2022 proprio a Tashkent, capitale dell'Uzbekistan, con la partecipazione di oltre cento delegati da trenta nazioni e organismi internazionali, si era svolta una conferenza mondiale sulla sicurezza e lo sviluppo economico e per la ricostruzione dell'Afghanistan, in cui tutti i delegati - ad esclusione degli occidentali - avevano elogiato l'impegno del governo afgano contro le droghe e la corruzione.

Sempre in quell'assise l'attuale Emirato Islamico dell'Afghanistan ha rinnovato la richiesta, ancora oggi senza risposta, della restituzione di tre miliardi di dollari di riserve della Banca Centrale di Kabul, forzatamente espatriati durante l'occupazione della NATO e ancora depositati nelle banche statunitensi, una cifra che potrebbe aiutare enormemente il governo nei progetti sociali, scolastici e alimentari, stante che il reddito medio annuo pro capite di un afgano è oggi di circa trecento dollari.

Tutto questo dovrebbe aiutarci a indagare con maggiore attenzione l'attuale situazione dell'Afghanistan, spesso viziata da oltre mezzo secolo di informazioni parziali e falsificatorie, operate da larga parte dei media.

Va ricordato che la liberazione dalla ventennale occupazione della NATO, che mai ha contrastato i gruppi terroristici e i produttori di papaveri coltivati per giungere alla produzione di eroina, è stata vissuta con gioia dalla stragrande maggioranza del popolo afgano, non ovviamente dai collaborazionisti degli occupanti, sono questi ultimi che hanno non solo riempito gli aerei per fuggire dal nuovo governo, ma anche e soprattutto monopolizzato la scena mediatica occidentale. Fuori da Kabul con i suoi quattro milioni di abitanti, tanto nelle altre città, da Mazar-i Sharif a Kunduz e Jalalabad, quanto tra le campagne e i monti, i restanti trentaquattro milioni di abitanti hanno vissuto la dipartita degli imperialisti statunitensi nell'agosto 2021 come un grande giorno di festa e di liberazione e certamente è stato così anche per almeno la metà dei kabulioti.

Il popolo non ha insomma vissuto il passaggio da una presunta e inesistente "democrazia armata", favolisticamente inventata dai media occidentali, a una "teocrazia securitaria", altra balzana definizione escogitata in qualche redazione europea, ma il trapasso da una brutale occupazione imperialista a un governo sovrano e indipendente, il quale piuttosto in questi quattro anni ha deciso di mutuare dalla vicina Repubblica Islamica d'Iran, pur nella siderale lontananza per motivi religiosi e culturali dei sunniti talebani dagli sciiti persiani, l'architettura istituzionale del nuovo Afghanistan. Se si paragona infatti l'organizzazione statuale del primo emirato talebano (1996 - 2001) con quello attuale, apparirà in tutta evidenza come i consigli di maggiore collegialità e inclusività ricevuti da statunitensi, russi e cinesi nel corso dell'elaborazione degli accordi di Doha che hanno preceduto la fine dell'occupazione, un dialogo per altro iniziato nel 2019 e voluto da Donald Trump durante il suo primo mandato, per di più per oltre sei mesi condotto a Mosca dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, siano stati accolti dai nuovi rappresentanti di quella nazione, che, per quanto possibile, cercano di garantire pane, lavoro e istruzione ai loro cittadini, senza discriminazioni di alcun tipo, meno che mai di genere o etniche.

Anche in ragione dei recenti terremoti di fine agosto e inizio settembre 2025 nelle province di Kunar e Nangarhar, purtroppo con diversi morti, feriti e distruzioni materiali, la preoccupazione principale del governo afgano resta quella relativa ai rifornimenti alimentari: le condizioni climatiche e le contrazioni del mercato mondiale peggiorano di molto di anno in anno, così come la produzione interna di derrate alimentari, quanto la loro importazione, anche in questo caso russi e cinesi sono i primi a sostenere le popolazioni civili nel disinteresse, ancora una volta, delle cancellerie occidentali e degli organismi internazionali presuntamente posti ad alleviare tali difficoltà materiali.

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