Il sogno europeo necessita di una minaccia e di un nemico comune. Se non esiste in realtà occorre costruirlo. La Russia di Putin è il candidato perfetto perché si presta benissimo, per varie ragioni, alla bisogna.
Il vertice dell'Alaska Trump-Putin è stato il ferragosto del discontento europeo. Molti leader e commentatori europei sono apparsi freddi ed alcuni di essi addirittura in gramaglie. "È stata una sconfitta. Trump non ha ottenuto il cessate il fuoco immediato. L'unico vincitore è stato Putin, sono stati i commenti più diffusi in Europa.
Alcuni tra i maggiori leader europei sono sembrati persino volere mettere in anticipo dei paletti di principio al futuro negoziato di pace: "Non dovrebbero essere imposte limitazioni alle forze armate ucraine o alla loro cooperazione con paesi terzi. La Russia non può avere diritto di veto sul percorso dell'Ucraina verso l'Ue e la Nato. Spetterà all'Ucraina prendere decisioni sul proprio territorio. I confini internazionali non devono essere modificati con la forza."- hanno tuonato in una dichiarazione congiunta Macron, Meloni, Merz, Starmer, Stubb, Tusk, Costa e von der Leyen subito dopo essere stati informati, insieme a Zelensky, per telefono da Trump sul vertice stesso. E hanno concluso: "Il nostro sostegno all'Ucraina continuerà. Siamo determinati a fare di più per mantenere forte l'Ucraina al fine di porre fine ai combattimenti e raggiungere una pace giusta e duratura".
Quella prima reazione europea a caldo è stata come dire no a tutte le richieste della controparte russa ed una malcelata sconfessione della mediazione di Trump. Come a opporre un "altolà" al presidente americano. Solo Giorgia Meloni si è parzialmente distinta manifestando una certa soddisfazione: "Si apre finalmente uno spiraglio per discutere di pace".
Ufficialmente le motivazioni addotte dagli europei sono tra le più nobili: il rispetto delle norme del diritto internazionale, la difesa del piccolo aggredito dalle prepotenzze del grande aggressore, l'integrità territoriale, la sovranità nazionale, il diritto dell'Ucraina di entrare nella Nato. E come negare quei nobili principi universali? E, infine, ciliegina sulla torta: "una pace giusta e duratura". Come non condividere quella speranza (anche se tutti sanno che volere una pace giusta è un miraggio che di solito ha l'unico effetto pratico di prolungare le guerre)?
Tutto lascia pensare che le vere motivazioni del discontento europeo siano tutt'altre.
La principale è che quel vertice rischia di sottrarre agli europei il "nemico": Vladimir Putin, da almeno tre anni presentato da leader e giornalisti europei come "autocrate demoniaco, sanguinario e criminale". Biden lo aveva definito addirittura "un macellaio" che non poteva "restare al potere a Mosca". E Trump si permette di accoglierlo su un tappeto rosso addirittura applaudendolo e chiamandolo confidenzialmente "Vladimir"? Roba da matti! E dove finisce la narrazione della guerra russo-ucraina sulla falsariga della favola del "lupo cattivo e dei tre porcellini"?
Per alcuni leader euopei se cade l'immagine demonizzata di Putin e cioè se viene meno la presunta "minaccia russa" all'Europa stessa, cade tutto il castello della loro politica estera (e interna) degli ultimi anni. La difesa dell'integrità territoriale e della sovranità dell'Ucraina è stata presentata come una difesa dell'Europa dalla minaccia russa e putiniana. Sull'incombere imminente di una "minaccia russa" sulla stessa Europa, quei leader europei contavano (e contano tuttora) per presentare come necessaria una continuazione ad oltranza della guerra in Ucraìna (nella quale ambivano e ambiscono a giocare finalmente un ruolo di primo livello).
Non è solo questione di Ucraina. Anzi non è affatto quella la questione centrale.
Con quella minaccia alcuni paesi europei intendevano (ed intendono tuttora) giustificare i loro piani di riarmo. E questi ultimi vengono presentati come la condizione necessaria ai fini della costruzione futura di una difesa comune europea finalizzata a sua volta al nobile obbiettivo di compiere un deciso "passo avanti" nel processo di unificazione politica dell'Europa (in forma federale o confederale). Ma questa dinamica rischia di favorire solo un riarmo tedesco e l'egemomia aassoluta della Germania in Europa.
Il sogno europeo necessita di una minaccia e di un nemico comune. Se non esiste in realtà occorre costruirlo. La Russia di Putin è il candidato perfetto perché si presta benissimo, per varie ragioni, alla bisogna.
Per un lungo periodo di tempo anche gli americani, dopo la fine della guerra fredda, hanno sentito la necessità di costruire un nemico e identificarlo nella Russia post-sovietica. Il nemico russo era utile non solo a mantenere in piedi la Nato (subordinando gli europei), ma anche a giustificare una espansione della Nato, e cioè dell'influenza americana, nei paesi europei ex satelliti dell'Urss e nella stessa area ex sovietica dell'Asia centrale, del Caucaso, dei paesi baltici e perfino in Ucraina ed in Georgia (considerate tabù da Mosca). L'obbiettivo era non solo l'umiliazione, ma anche il soffocamento e persino la disgregazione della Federazione russa. Era il progetto neocon condiviso in pieno da Barack Obama e sopratutto dal suo vice, Joe Biden, poi insediatosi egli stesso alla Casa Bianca.
Per l'intera fase Obama-Biden il progetto neocon e quello "europeista" sono stati grosso modo coincidenti o per lo meno non conflittuali. Fino a Biden gli americani hanno contato sulla loro capacità di controllare e subordinare gli europei ed in particolare la Germania attraverso la Nato.
La Germania dopo l'unificazione è stata un gigante economico ed un nano politico che si contentava di prosperare sotto l'ombrello nucleare americano, di dominare economicamente i paesi dell'Europa centrale e di orientare l'UE in condominio con i francesi.
Ma la guerra russo-ucraina sta fornendo alla Germania una possibilità insperata di riscatto totale dalle limitazioni alla sua sovranità.
La Germania, nel suo complesso, aspira dalla fine della II guerra mondiale soprattutto ad un suo completo "riscatto" etico-politico e ad un riacquisto completo della sua sovranità sopratuttto in campo militare finora auto-limitata e compensata dalla partecipazione alla Nato.
Ed è proprio l'ingigantimento artificioso della presunta minaccia russa e del nemico putiniano, che le fornisce il carburante per questa operazione di riscatto nazionale. Ma questo rischia di fare saltare gli equilibri europei a favore della Germania e fa venire meno la certezza americana di potere tenere sotto controllo la Germania anche in futuro.
Sulla base della presunta minaccia russa la Germania nel marzo scorso ha già approvato un suo piano nazionale di consistente riarmo convenzionale. L'attuale cancelliere Merz, allora non ancora in funzione, pur di eliminare il vincolo costituzionale dell'1% alla spesa militare tedesca ha fatto votare al parlamento uscente un emendamento costituzionale. Il suo piano di riarmo tedesco è stato avallato dalla Commissione dell'UE presieduta dall'ex ministro della difesa tedesca, Ursula von der Leyen. In nome del riarmo la Germania ha sorvolato sul suo sacro principio del rigore finanziario mentre l'Ue della tedesca von der Leyen sorvolava sull'analogo patto di stabilità. C'è da riflettere.
L'agitazione artificiosa della minaccia russa è utile ai fini del riarmo tedesco e viene perciò considerata dal cancelliere Merz prioritaria rispetto al tradizionale interesse di riallacciare i legami economici con la Russia, finora considerati una costante dell'interesse nazionale tedesco. Non a caso Merz ha dichiarato di non desiderare la riattivazione dei gasdotti North Stream I e II (che gli ucraini con l'assenso di Biden hanno fatto saltare).
In questo quadro lo stesso progetto di unificazione politica europea, che è sempre stato un progetto di egemonia politica franco-tedesca sugli altri paesi dell'Unione europea, sembra destinato nei fatti, per la debolezza francese, a generare un'egemonia tedesca sui paesi europei.
Una Germania che, agitando un'improbabile minaccia russa, si riarmi oggi con armi convenzionali (domani forse anche con armi nucleari) potrebbe diventare un paese troppo potente anche militarmente e proporsi come il paese in grado di federare l'Europa, subordinando tutti gli altri paesi europei. Essa potrebbe così tornare ad essere una minaccia per l'intera Europa, oltre che per il mondo intero.
Decisamente gli altri leader europei farebbero bene a seguire Trump nella cancellazione della retorica del nemico russo (e a quella dei sacri principi) che rischia di favorire solo un pericolosissimo riarmo tedesco. E a mettere fine al conflitto ucraino con un realistico compromesso.
Articolo originale: www.notiziegeopolitiche.net