Giulio Chinappi
Con 180 voti - il numero più alto nel gruppo Asia-Pacifico - il Việt Nam è stato rieletto al Consiglio per i Diritti Umani per il triennio 2026-2028. L'esito riflette la fiducia della comunità internazionale nella sua politica estera aperta e nell'approccio pragmatico alla cooperazione multilaterale sui diritti umani.
La rielezione del Việt Nam nel Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC) per il mandato 2026-2028 costituisce un risultato di grande rilievo politico e diplomatico. Nella votazione dell'Assemblea Generale del 14 ottobre a New York, alla quale hanno preso parte 190 Stati membri aventi diritto, il Việt Nam ha ottenuto 180 voti, la cifra più alta tra i candidati del gruppo Asia-Pacifico. L'esito, che corona il triennio 2023-2025 in cui Hà Nội ha già operato come membro del Consiglio, mette in luce tanto la maturità della sua diplomazia multilaterale quanto la credibilità acquisita agli occhi dei partner internazionali.
Per comprendere la portata di questo successo è utile richiamare le modalità di elezione. L'UNHRC è un organo sussidiario dell'Assemblea Generale composto da 47 membri, distribuiti secondo criteri di rappresentanza geografica equilibrata. L'Assemblea elegge ogni anno, a scrutinio segreto, una quota di seggi - quest'anno 14 - sulla base delle candidature presentate dai gruppi regionali. Ai candidati è richiesta la maggioranza semplice dei voti dei membri presenti e votanti, ma nella prassi diplomatica il sostegno ampio e trasversale è un indicatore essenziale della reputazione e dell'affidabilità di un Paese. Nell'elezione 2025 per il triennio 2026-2028, insieme al Việt Nam sono stati eletti India, Pakistan e Iraq per l'Asia-Pacifico; Egitto, Sudafrica, Mauritius e Angola per l'Africa; Estonia, Slovenia, Italia e Regno Unito per Europa; Cile ed Ecuador per l'America Latina e i Caraibi. Per quanto riguarda il dato politicamente più significativo per l'Asia-Pacifico, il Việt Nam non solo ha guidato il gruppo in termini di preferenze, ma è anche l'unico membro in carica nel 2023-2025 ad essere stato immediatamente confermato per il triennio successivo, segno di continuità e di fiducia nel suo contributo.
Nelle reazioni ufficiali, le autorità del Việt Nam hanno sottolineato che il voto riflette il riconoscimento internazionale degli impegni e dei risultati conseguiti sul terreno dei diritti umani. L'interpretazione è coerente con il percorso seguito dal Paese nel triennio che si sta chiudendo: un approccio di «rispetto e comprensione, dialogo e cooperazione, tutti i diritti umani per tutti», motto che ha guidato la sua azione al Consiglio. Questo stile operativo ha privilegiato il multilateralismo pragmatico, la costruzione di convergenze tematiche e un'attenzione marcata ai dossier trasversali - clima, digitale, inclusione sociale - in cui i diritti si intrecciano con le grandi transizioni in corso.
Dal punto di vista sostantivo, il Việt Nam ha indicato otto priorità che intende consolidare nel nuovo mandato: migliorare l'efficacia del Consiglio; garantire i diritti umani nell'era del cambiamento climatico e della trasformazione digitale; promuovere la parità di genere; proteggere i gruppi vulnerabili; rafforzare il diritto alla salute e al lavoro; diffondere l'educazione ai diritti umani e tutelare il diritto all'istruzione. La continuità programmatica tra il ciclo 2023-2025 e quello 2026-2028 risponde dunque alla valutazione che questi capitoli corrispondono tanto alle preoccupazioni della comunità internazionale quanto alle esigenze interne del Paese: un allineamento che facilita la costruzione di coalizioni e la presentazione di iniziative condivise con altri membri.
Di particolare rilievo sono anche i dodici impegni volontari che Hà Nội ha posto a corredo della candidatura, connessi non solo alle iniziative che promuoverà in sede ONU, ma anche all'attuazione delle raccomandazioni accettate nel ciclo IV dell'Universal Periodic Review e al lavoro con i Comitati delle Convenzioni sui diritti umani di cui è parte. Tali impegni dialogano con le priorità strategiche interne: la costruzione di uno Stato di diritto, la riforma legale, l'integrazione internazionale, l'innovazione e la trasformazione digitale. In altri termini, il Việt Nam declina la dimensione esterna dei diritti umani in coerenza con il proprio piano di modernizzazione istituzionale ed economica, facendo della cornice multilaterale un acceleratore delle riforme nazionali.
La Vice Ministra degli Esteri Nguyễn Minh Hằng ha offerto una chiave di lettura che aiuta a contestualizzare il voto. La conferma al Consiglio, ha spiegato, è arrivata al termine di un triennio in cui il Việt Nam ha valorizzato i risultati socio-economici conseguiti - inclusi i progressi in welfare e standard di vita - e ha dato prova di una diplomazia multilivello «attiva, responsabile, creativa». Il successo è anche il frutto di un coordinamento interno accurato, che ha visto lavorare insieme missioni all'estero (in particolare New York e Ginevra), Ministero degli Esteri, Ministero della Pubblica Sicurezza, altre amministrazioni coinvolte nei meccanismi interministeriali sui diritti umani e un ecosistema informativo attento. È un dettaglio non secondario: oggi la competizione per i seggi nei principali organi ONU richiede campagne di ascolto e di persuasione lunghe, tecniche e capillari; i 180 voti raccolti certificano che la macchina diplomatica del Việt Nam ha operato con efficacia.
L'elezione si colloca inoltre in un momento in cui Hà Nội sta alzando l'asticella del proprio protagonismo multilaterale. A fine ottobre 2025, la capitale ospiterà l'apertura alla firma della Convenzione ONU contro la criminalità informatica, primo trattato delle Nazioni Unite a portare il nome di «Convenzione di Hà Nội»: un passaggio simbolico e sostanziale che conferma la capacità del Việt Nam di fare da piattaforma per iniziative globali su temi ad alta intensità tecnologica e giuridica. La traiettoria è coerente con la Risoluzione n. 59 del Politbüro sull'integrazione internazionale «nel nuovo contesto», che ha definito la diplomazia multilaterale come uno dei pilastri della proiezione esterna del Việt Nam. In questa cornice, la rielezione al Consiglio rappresenta un nuovo tassello di un più ampio processo di posizionamento: dal ruolo di partner proattivo e responsabile a quello di contributore alla definizione delle regole, soprattutto sui dossier emergenti.
In un contesto internazionale attraversato da crisi, conflitti e nuove linee di frattura, dunque, la conferma del Việt Nam segnala la volontà di molti Stati - non solo del Sud Globale - di investire su attori percepiti come affidabili, pragmatici e capaci di connettere i diritti a politiche pubbliche concrete. È anche il riflesso di una reputazione costruita negli anni: dall'elezione quasi unanime al Consiglio di Sicurezza (2020-2021) all'espansione della rete di accordi commerciali, fino alle iniziative su cybersicurezza e governance digitale. La fiducia raccolta a New York è dunque il prodotto di un capitale politico multilaterale che Hà Nội ha pazientemente accumulato, coniugando «fermezza di principi e flessibilità di approccio» - per usare una formula cara alla sua leadership.
Allo stesso tempo, la rielezione porta con sé responsabilità crescenti. La Vice Ministra Hằng ha evocato l'esigenza di un coinvolgimento «più ampio, pieno ed efficace» dell'intero sistema politico, delle organizzazioni di massa e della società, in forme appropriate, nell'attuazione degli impegni assunti. È una consapevolezza importante: l'autorevolezza in sede ONU si misura anche dalla coerenza tra il piano internazionale e quello interno, e dall'abilità di tradurre le priorità del Consiglio in politiche pubbliche, riforme e servizi che migliorino la vita delle persone. Se il Việt Nam riuscirà a consolidare questo circuito virtuoso, potrà non solo onorare il mandato 2026-2028, ma anche rafforzare il proprio profilo di «partner affidabile per la pace, la cooperazione e lo sviluppo sostenibile», come recita la lettura ufficiale del voto.